Iran e Italia, le donne punite con lo stesso metodo: la cultura dello stupro

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Un filo conduttore lega il caso della 14enne iraniana che è morta in seguito allo stupro punitivo della polizia morale di Teheran, e la violenza sessuale subita sul posto di lavoro da Greta Beccaglia, la giornalista toscana che ha vinto il suo processo contro l’ aggressore ottenendo una condanna a 18 mesi di reclusione e un risarcimento danni di 15mila euro.

Si tratta della cultura dello stupro: le stessa che ogni donna subisce quando le arriva addosso un atto non voluto, quando si usa il suo corpo per punirla di qualcosa.

Cosa è successo in Iran? La quattordicenne trovata morta con evidenti segni di violenza sessuale si era rifiutata di indossare il velo mentre era a scuola, così è stata rapita, stuprata e poi uccisa dalle forze di sicurezza. La protesta è una delle tante che sono arrivate dopo la morte in carcere della 22enne Mahsa Amini.

La storia della 14enne è stata raccontata dall’Ong Center for Human Rights e ripresa dal New York Times nei giorni scorsi.

Dopo che si era presentata a scuola senza velo per protesta, la ragazza, il cui nome è Masoomeh e che viveva in quartiere povero di Teheran, è stata identificata tramite l’esame delle registrazioni di telecamere di sorveglianza dell’istituto che frequentava.


Dopo essere stata messa in custodia, la ragazza è stata trasferita in ospedale dove sono state riscontrate gravi lacerazioni vaginali e lì è morta. Inoltre, pure di sua madre, dopo aver denunciato la scomparsa della figlia, si sono perse le tracce.

Anche qui, come nelle tante guerre che flagellano il mondo dal ratto delle Sabine fino all’attuale guerra tra Russia e Ucraina, il corpo della donna è stato punito con l’atto più brutale che possa essere compiuto: lo stupro. Che è il costringere una persona, quasi sempre la donna, a subire un atto sessuale con la prepotenza. Quella sensazione di forza che nulla ha a che fare con l’attrazione fisica ma con la voglia di azzittire qualsiasi protesta delle donne.

Avviene anche in Afghanistan anche se i media mainstream non ne parlano perché le proteste evidenti non ci sono o non sono appoggiate dal mondo occidentale.

Avviene nelle famiglie europee e in particolare in Italia, dove 110 donne sono state uccise dall’inizio del 2022 da altrettanti uomini prepotenti che hanno alzato al massimo l’asticella della cultura dello stupro. Sottolineando con la forza e la prepotenza che se le donne decidono di lasciarli e di dire basta a botte e nei casi più gravi agli stupri coniugali, meritano la morte.

E sempre la prepotenza ha armato la mano dell’uomo che con una manata ha invaso il corpo della collega Greta Beccaglia. Di tifosi che non riescono ad accettare che proprio una donna può occuparsi di sport e farlo con competenza e professionalità. E allora la manata significa proprio questo: torna al tuo posto ad occuparti di cucina.

Ma la collega ha denunciato. L’ordine dei giornalisti, Giulia giornaliste, la Fnsi hanno deciso di schierarsi al suo fianco. Inaudito per le persone che volevano legittimare quella invasione del corpo altrui. Ed è da un articolo del Corriere Fiorentino del 3 dicembre dello scorso anno che veniamo a conoscenza di un evento collaterale alla manata, che è violenza sessuale, che legittima anche qui il pensiero della cultura dello stupro

In queste ore – dichiarò Greta Beccaglia- sto ricevendo messaggi molto tristi, parolacce e anche minacce. Io non ho fatto niente di male, ho solo denunciato quello che tutti hanno visto, stavo normalmente lavorando. E ora voglio tornare alla normalità”.

La violenza era avvenuta durante un collegamento tv dopo la partita Empoli-Fiorentina, a margine di una conferenza stampa organizzata a Firenze da Odg, Ast e Fnsi. «Io ho denunciato il fatto – ha detto – poi sarà la giustizia a fare il suo corso. Voglio essere ricordata come la ragazza che, se un giorno arriverà al suo obiettivo lavorativo, lo avrà raggiunto per la sua professionalità e non per quello che mi è successo”.

Il piano delle violenze sulla 14enne iraniana non è lo stesso di quelle subite dalla giornalista. Ma una cosa le accomuna: sono state punite entrambe per aver chiesto di essere libere.

Per questo riteniamo congrua la condanna a un anno e sei mesi per il molestatore. Non andrà in carcere ora, ma ci andrà se rimette in atto un simile comportamento.

In Italia il 609 bis prevede per le violenze sessuali una pena da 6 a 12 anni. Il rito abbreviato e la lieve entità permettono sconti di pena. Non stiamo qui a dire se è giusto o meno. Tuttavia ricordiamo le legislazioni francese e svedese. A Parigi violentare una donna può significare una pena da 15 anni all’ ergastolo. E a Stoccolma qualsiasi invasione al corpo altrui avvenuta anche in maniera improvvisa viene punita.

Occorrono certo leggi severe ma per eliminare un problema che mette a rischio la stessa vita delle donne ( il 17% dopo uno stupro si suicida) bisogna combattere proprio la cultura dello stupro, partendo dell’educazione nelle scuole. Si può fare anche se la strada è lunga. E passa per la sconfitta definitiva del patriarcato che legittima la stessa cultura dello stupro.