Basta che si lavora, e i media mainstream glorificano la bidella pendolare e un annuncio per ingegneri a 600 euro al mese

Ha 29 anni si chiama Giuseppina e viaggia da Napoli a Milano tutti i giorni per fare la bidella.
Stipendio da 1150 al mese alla ricerca del posto fisso più vicino a casa non ha il denaro per cercare un appartamento o un posto letto a Milano.
Per la narrazione mainstream diventa l’ eroina del giorno perché parte alle 4 del mattino e torna a casa a mezzanotte. Sole 3 ore per dormire in un letto, le altre dorme forse in treno, per un lavoro che inizia a fare alle 10.30 e termina alle 17 per stare nuovamente sul treno alle 18.30 e tornare a casa.
Poi sulla Stampa, meno visibile della storia di Giuseppina, viene propagandato un annuncio di lavoro: seicento euro al mese per un contratto a sei mesi per un ingegnere che deve avere la laurea magistrale a pieni voti in ingegneria civile, ottima conoscenza della lingua tedesca e buona di quella inglese con gradita esperienza erasmus.
Vi chiedete probabilmente cosa hanno in comune queste due storie. Una cosa sicuramente ed è la più deumanizzante: basta che si lavora i giovani, per essere vincenti, devono accettare condizioni di vita estreme, di grande sacrificio.
Annullando contemporaneamente tutte le proprie aspirazioni di vita. Per la bidella Giuseppina quella di vivere in pratica. Perché trascorrere nove ore al giorno in treno, sette al lavoro e quelle che restano nel letto di casa dei genitori per 6 giorni su 7 significa in pratica vivere per lavorare.
L’ingegnere che invece risponderà al bando pubblicizzato da La Stampa dopo aver studiato e faticato sui libri deve rinunciare al sogno di avere un lavoro pagato adeguatamente. Che rispetti le sue competenze. Perché sì signori: precarietà di 6 mesi per 600 euro al mese non è lavoro e quei soldi non sono uno stipendio. Non permettono a chi accetterà quel lavoro, pur di lavorare, di sentirsi realizzato psicologicamente e nemmeno di essere pienamente indipendente dalla propria famiglia di origine.
Perché lo diciamo chiaramente: con 600 euro al mese, in un Paese dove riscaldarsi costa in media 600 euro a bolletta del gas nei mesi invernali, sei costretto a scegliere se mangiare o se pagare le bollette.
E intanto i colleghi del mainstream glorificando chi fa questi enormi sacrifici ci stanno dicendo che tutto questo è normale e ci dobbiamo abituare. Inutile protestare, inutile sostenere che non va bene: la bidella che non dorme per lavorare è il modello da seguire.
Non tengono conto però che Giuseppina non può perdere mai il treno se vuole lavorare. Il treno non deve fare ritardo e soprattutto nessuno ha verificato se esiste veramente un abbonamento mensile per i treni che vanno da Napoli a Milano tutti i giorni.
Noi lo abbiamo rintracciato e costa 847 euro al mese. Anche di più di una stanza a Milano. Quindi o la storia non è completamente vera oppure Giuseppina, ma questo nessuno lo dice o nessuno dei colleghi si è posto nemmeno la domanda, per reggere questo ritmo va al lavoro molti meno giorni di quelli che dovrebbe usufruendo della malattia.
Questo nemmeno noi lo sappiamo. Ma la domanda è necessario porsela. Non possiamo cedere alla narrazione mainstream per aderire completamente alla teoria del ” basta che si lavora”.
Non é così. Non deve essere così. E il compito della stampa è anche quello di ribaltare i piani qualora sia possibile.

