Pornografia è forma di stupro: superare la monetizzazione verso l’ abolizione

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Di Commissione donne PC estero

Da un’intervista di Pier Paolo Pasolini da Enzo Biagi (1971):

– A distanza di tempo, come giudica certi scrittori erotici di oggi in questo dilagare di erotismo nel cinema, nelle librerie, nelle edicole?                                                                                                                                                                                             

– Per me, l’erotismo nella vita è una cosa bellissima, e anche nell’arte. È un elemento che ha diritto di cittadinanza in un’opera come qualsiasi altro. L’importante è che non sia volgare. Per volgarità, non intendo quello che si intende generalmente, ma un’esposizione razzistica nell’osservare l’oggetto dell’eros. La donna come compare nei film erotici o nei fumetti erotici è vista razzisticamente come un essere inferiore. Allora in questo caso, è vista volgarmente e quindi  l’eros è puramente una cosa volgare, commerciale.

Ciò che non esiste nel cinema esiste nella pornografia che non subisce nessuna censura sul web e nell’era dello streaming, la quantità e la varietà di porno guardato sembra superare quelle del sesso davvero fatto. In Internet, c’è una zona di non diritto in cui si permette il consumo solo abusivo di un condensato di violenza e di avvilimento che non sono messi in scena, non sono simulati. Tra i miliardi di video che esistono, secondo le ultime stime, il 35% è porno. Il porno non è né arte né cinema. Perdura un sistema arcaico di odio al servizio di un’industria di oltre 100 miliardi di dollari all’anno, sistema che ha subito tanti cambiamenti in quest’ultimo ventennio che contribuisce a banalizzare gli atti sessuali violenti verso le donne. Si assiste ad una crisi di salute pubblica rilevante per i giovani come per gli adulti all’era della digitalizzazione. Questo modello economico capitalistico si basa su miliardi di clic per vendere spazi pubblicitari, l’unico fine è generare profitti. Tale fine giustifica i mezzi.

Per certe femministe, la pornografia è teoria e lo stupro è la pratica. No, la pornografia è già la pratica: non è affatto sessualità, concretamente è violenza sessuale erotizzata, è mercificazione del corpo delle donne, è stupro. Questo sfruttamento ormai sembra normalizzato tramite la libertà di espressione, la libertà di intraprendere, la libertà sessuale, la libertà artistica come se si trattasse di una scelta individuale. Quest’individualismo sbieco e becero a cui si rifanno certi attori, certe attrici porno, produttori, manager e soprattutto proprietari di siti, di piattaforme e altre femministe nasconde totalmente la realtà: centinaia di migliaia di donne (ma anche di uomini) sono sfruttate, maltrattate, molestate, stuprate per soddisfare il desiderio di profitto di pochi. Uno o una che guarda questo tipo di video contribuisce allo sfruttamento sessuale di esseri umani da parte di piattaforme che non giocano il gioco della legalità: quelli a cui appartengono sono solo specialisti della circolazione del denaro per maxi profitti.

Secondo il rapporto d’informazione pubblicato da quattro senatrici sul sito del senato francese il 27 settembre 2022, “le condizioni nelle quali si è esercitata quest’attività si sono significativamente evolute: la pornografia rimanda prima a della letteratura pornografica, poi c’è l’emergenza negli anni ’70 di film pornografici abusivamente associati alla liberazione sessuale e a partire dalla metà degli anni 2000, raggiunge un nuovo traguardo con la massificazione della diffusione di video pornografici online che genera un traffico mondiale massiccio che trasmette contenuti sempre più estremi e violenti. Così, la pornografia è diventata un’industria mondializzata che genera parecchi miliardi di euro di profitto ogni anno in condizioni spesso opache e che ha fatto dello sfruttamento e della mercificazione del corpo e della sessualità delle donne un business a scala internazionale. Quest’industria si basa in gran parte su multinazionali che si trovano spesso in paradisi fiscali.” Le senatrici si preoccupano particolarmente “per l’accesso facilitato, demoltiplicato e massiccio dei minorenni e dei giovani adulti a contenuti pornografici violenti e tossici.” Questo rapporto si inserisce in un contesto particolare, “quello del trattamento penale, per la prima volta in Francia, di violenze commesse in un contesto di pornografia su donne vittime di gravi maltrattamenti sessuali, fisici, psicologici perpetrati da criminali dell’industria pornografica che sono oggi oggetto di incriminazioni soprattutto per stupro, stupro aggravato, complicità di stupro con atto di tortura e barbarie, tratta di esseri umani a fini di stupro, prossenetismo…”.

Negli anni del 2006-2007, grandi piattaforme diffondono gratis e liberamente tanti video dai contenuti pornografici per altro spesso piratati. I numerosi siti di diffusione massiccia sono per la maggior parte detenuti da alcune società finanziarie la cui sede spesso si trova in un paradiso fiscale. Questo sistema opaco rende estremamente difficile identificare i responsabili. L’attore economico non è più lo studio di ripresa, il set bensì la piattaforma numerica. Il che deresponsabilizza gli ‘editori’ e partecipa alla deregolamentazione completa che c’è sul web e che non c’era alla TV. È un conglomerato internazionale a possedere più dell’80% dei siti pornografici: Mindgeek. I suoi benefici provengono dalla pubblicità. È quasi impossibile conoscere  questa struttura meramente capitalistica, i nomi dei proprietari, il numero delle filiali o i redditi. Si trova in Canada ma ha attività in tutto il mondo e la sede si trova nel Lussemburgo. “Per massimizzare i profitti, applicano alla porn industry le ricette della Silicon Valley: inondano il pianeta con i loro siti dai contenuti gratuiti, catturano la maggior parte della pubblicità grazie a tecniche tra le più avanzate e con miliardi di visualizzazioni mensili schiacciano senza pietà la concorrenza in stile Google o Amazon. Tra i 50 siti internet più frequentati al mondo 6 sono pornografici. 1 ricerca su 5 sul telefonino riguarda questo tipo di contenuto. Tra i paesi più consumatori al mondo, i primi 5 sono gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Giappone, la Francia e l’Italia. Anche le reti sociali partecipano al sistema soprattutto per attirare il pubblico degli adolescenti. Spesso le reti sociali nemmeno sfocano le foto o i video dal carattere sessuale come dovrebbero.

L’arrivo delle piattaforme numeriche ha profondamente sconvolto il settore economico della pornografia che prima si basava essenzialmente su un consumo di film a pagamento con certe regole per le persone che vi lavoravano e imprese che si volevano cinematografiche. Gli abusi esistevano ma erano limitati. Inoltre, certi attori e certe attrici erano famosi.  Il bisogno massiccio di nuovi contenuti ha costituito “il punto di partenza di pratiche che favoriscono le violenze sessiste e sessuali verso le donne per un business mondializzato.” Con le piattaforme, tra il porno amatoriale e quello industriale, non ci sono differenze.

Questa mercificazione del sesso e del corpo delle donne a scala mondiale ha generato un sistema di violenze verso le donne diventato la norma per “quest’industria cieca ai contenuti diffusi e alle sofferenze generate, un’industria volta verso la sola ricerca dei profitti economici.” Del resto, non si tratta più tanto di sesso ma di sole aggressioni fisiche. Le senatrici deplorano “questo sfruttamento della vulnerabilità economica e psicologica di donne spesso giovanissime, in situazione di sfruttamento sessuale e abbandonate a se stesse sui set pornografici dove subiscono violenze e pressioni per accettare  delle pratiche sessuali spesso estreme. Inoltre, non è raro che siano sotto sottomissione chimica (alcol, droghe o medicine) per potere realizzare certe scene particolarmente violente o dolorose.” È un tritacarne che sfrutta la precarietà femminile. La pornografia è la schiavitù moderna con stupri che si ripetono, è solo disumanizzazione. Il 90% delle scene ormai presenta al minimo un atto di aggressione. “Non è né cinema né simulazione. […] Non possiamo considerare che una donna che piange o che sanguina finge o simula. […] La messa in scena dello stupro e l’erotizzazione della violenza sessuale partecipano a questo sistema di dominazione.”

Il sistema di reclutamento delle donne è quello: vengono prese di mira giovani donne con difficoltà sociali, economiche, familiari. Le reclutano grazie ad un falso profilo sulle reti sociali. Si chiacchiera a lungo con loro. Quando c’è confidenza, la persona si presenta come un’escort che ha una vita agiata e meravigliosa grazie a qualche video ogni tanto. Una retribuzione cospicua è promessa loro ma lo scopo è solo quello di portarle sul set per abusare di loro. “L’alienazione delle vittime inizia spesso con un primo stupro chiamato ‘stupro di sottomissione’.” Così, dopo, non oppongono più resistenza. È un chiaro processo di disumanizzazione. Poi si prosegue con scene di ‘stupro a sorpresa’, con un numero importante di uomini con cui non si erano ovviamente messe d’accordo e altri atti sessuali forzati, mutilanti, scene di tortura. Lo stesso meccanismo è stato usato durante la tratta dei neri e delle nere. Le donne erano stuprate sulle navi poi nelle piantagioni per evitare qualsiasi possibile ribellione.

La viralità della diffusione incontrollata e incontrollabile di questi video fa sì che le vittime hanno l’impressione di continuare a subire questi stupri mentre vorrebbero la loro cancellazione totale e definitiva. “La pornografia è un’ideologia ed esiste per rispondere ad un bisogno abbastanza disumanizzante”. Nessun contratto può proteggere da un sistema in cui esistono solo la coercizione e la violenza estreme su persone estremamente vulnerabili.

Le conseguenze dell’accesso gratuito, libero e illimitato sono molto inquietanti per un’altra categoria di esseri umani: i bambini e gli adolescenti (ma non solo): “traumi, disturbi del sonno, dell’attenzione, dell’alimentazione, visione deformata e violenta della sessualità, difficoltà per stringere relazioni con persone dell’altro sesso, (iper)sessualizzazione precoce, sviluppo di comportamenti spericolati o violenti, ecc.”.

Contrariamente ai media televisivi controllati e con certe norme: offuscamento, uso del preservativo, ecc., i siti internet sono fuori controllo. Dato che il primo cellulare con un accesso internet si ha ormai fin dai 9 anni, il pericolo di essere confrontati alla pornografia avviene fin da quell’età, con una prima esposizione casuale, totalmente involontaria tramite le reti sociali. L’età media del primo video pornografico è di 14 anni. E sono pratiche che si banalizzano durante tutta l’adolescenza. Il 20% di 7000 ragazze interrogate ha ammesso di aver ricevuto immagini violenti e non desiderate, la maggior parte del tempo mandate da ragazzi che conoscono. Per loro, dato che sono gratuite, sembra che sia “un consumo innocente”. I ragazzi scoprono in modo quasi simultaneo la pornografia e il proprio corpo.

Il rischio di sviluppare comportamenti di pornodipendenza è maggiore se l’esposizione alle immagini pornografiche è stata a un’età precoce.  Una psicologa specialista delle dipendenze vede nella pornografia “la droga per eccellenza, perché può essere consumata nell’anonimato totale, in ogni luogo e in ogni circostanza con un’accessibilità fuori norma, in modo totalmente gratuito e in modo infinito.” Più si guardano questi contenuti, più si è confrontati alla violenza estrema. Il trauma per un bambino o una bambina è uno stupro psichico che non può affatto analizzare. “La sessualità che prima era fonte di sana curiosità infantile diventa allora, dopo questo contatto precoce oggetto di disgusto e di fascino nello stesso tempo.”

È quindi una generazione che entra nella sessualità con la pornografia il cui ideale è tirannico e angosciante da una parte e dall’altra, con la sensibilizzazione all’importanza del consenso e alla liberazione della parola delle donne stuprate con i vari hashtag (Ad esempio #metoo). C’è una forte contraddizione poiché “ la pornografia, è un apprendimento al non consenso.” Siamo in un’epoca molto preoccupante e in “una società di cervelli pornificati”, espressione della sociologa americana Gail Dines. Non basta non guardare porno per non esserne influenzati. I codici del porno hanno infiltrato la cultura popolare, i media, la pubblicità, le trasmissioni televisive, i reality, i videogiochi, ecc. C’è un legame tra l’industria pornografica violenta e le violenze coniugali (Certi uomini pensano che “il loro desiderio sia al centro con pochi preliminari, poca tenerezza, poco amore, poca comunicazione”.)

I rimedi possibili da mettere in atto il più presto possibile per tutelare le persone vulnerabili sono:

  • Fare della lotta contro le violenze pornografiche e la mercificazione dei corpi una priorità di politica pubblica come ad esempio, favorire l’emergenza delle denunce delle vittime di violenze perpetrate in un contesto di pornografia migliorando le condizioni di accoglienza, formando le forze dell’ordine e istituendo un contatto unico.
  • Facilitare e velocizzare la rimozione di contenuti illegali e rispetto del diritto all’oblio: imporre alle piattaforme di togliere gratuitamente i video non appena le persone filmate lo richiedono.
  • Applicare la legge già esistente sul divieto di accesso ai minorenni, tutela dei giovani. Imporre ai siti pornografici lo schermo nero. Attivare per impostazione predefinita la funzione Controllo genitori.
  • Educazione alla vita sessuale e affettiva e sensibilizzazione dei genitori, dei professionisti della sanità e dell’educazione alle sfide legate alla pornografia. Far conoscere le risorse online accessibili per rispondere alle domande dei giovani sulla sessualità.

Una donna nel mondo attuale della pornografia non è una proletaria a cui mancherebbe solo qualche contratto da valorizzare come se solo le condizioni di lavoro fossero sfavorevoli ma non il sex work in sé, qui la donna è solo merce usa e getta disumanizzata. Gli uomini si comprano la possibilità di mostrare la dominazione maschile mentre sminuiscono le donne per la maggior parte povere, socialmente stigmatizzate e messe in condizioni di violenza costante. Così si acquista il corpo di una che non sceglie quando e con chi fare sesso. C’è porosità tra pornografia e prostituzione. Si tratta la donna come se fosse una bambola gonfiabile che non parla, non si lamenta, è sempre a disposizione di tutti e senza volontà. Deve tornare ad essere un soggetto politico collettivo. Il sesso tra adulti consenzienti non va criminalizzato anzi può essere bellissimo, come l’ha detto Pier Paolo Pasolini ma una società nella quale la sessualità rimane un tabù ed è monopolizzata dalla pornografia fa tanto comodo alle multinazionali. Bisogna smantellare questo modello economico-sociale fondato sull’esaltazione della violenza endemica in ogni campo al fine di fare capire che la sessualità è uguaglianza, divertimento, creatività, consapevolezza del proprio corpo, delle proprie emozioni, scambio naturale con un altro essere umano.

Secondo Engels, “in una società, il grado di emancipazione della donna è la misura naturale del grado di emancipazione generale”. Però al capitalismo non giova l’emancipazione né della donna né dell’uomo perché rappresentano solo manodopera a sempre più basso costo se non gratuita. Con la pornografia dilagatasi esponenzialmente, la nostra non è affatto una società giunta al grado di emancipazione generale.

La Federazione Estero del Partito Comunista si batterà sempre perché mai più nessuna donna abbia da scegliere tra vendere il suo stupro e la povertà. Insieme alla compagna Camilla Ravera, vogliamo “la donna libera dall’uomo, entrambi liberi dal capitale”. Solo la lotta di classe permette di abolire ogni tipo di rapporto di produzione capitalistico, barbarie della classe finanziaria dominante per la quale gli esseri umani hanno solo un ruolo di subalternità. Ci schieriamo dalla parte della barricata dell’umanità.