PC Michele Giambarba lascia: nasce la costituente comunista
Dopo tredici anni da segretario regionale e dopo aver partecipato alla fondazione del partito, Michele Giambarba, anche ex sindaco di Casacalenda, lascia il PC di Marco Rizzo. E contestualmente insieme alla sua immagine lancia il simbolo della Costituente Comunista.
Ecco il contenuto della lettera inviata al segretario generale Marco Rizzo e al segretario regionale Giovanni Moriello.
” Cari Compagni,
in seguito ai recenti avvenimenti, mi preme sviluppare una riflessione ormai non più rinviabile data l’accelerazione con la quale la strategia del partito si è significativamente trasformata rispetto a ciò che congressualmente si era stabilito. Alla luce di una campagna elettorale difficile, il PC ha intrapreso un “esperimento” costruendo un’alleanza anomala, mal digerita da gran parte dei nostri militanti che in varie zone d’Italia, loro malgrado, hanno condiviso tale esperienza assieme a soggetti di estrema destra. Il partito più volte sollecitato a intervenire, ha preferito glissare sulle denunce politiche che arrivavano da più parti d’Italia. Le testimonianze di episodi del genere sono ormai decine e decine. Ritenevo tuttavia che finita la campagna elettorale, avremmo ripreso il nostro cammino lontani dall’elettoralismo a tutti costi, seguendo il sentiero dell’unità comunista, tornando al nostro nome e al nostro simbolo. Il Partito, al contrario, non pone alcun dubbio sulla prosecuzione di un’alleanza “antisistema” perseguendola “senza sé e senza ma”. Tuttavia il concetto di “antisistema” sta aprendo a chiunque si definisca tale, pur non condividendo per nulla la nostra idea di società che è poi il prodotto della nostra collocazione storica e ideologica. Dentro Italia Sovrana e Popolare affiorano tendenze anticomuniste nella base militante di una parte delle forze che la compongono e che protendono verso una dichiarata “base ideologica comune” pericolosa sul piano culturale, identitario e politico. Mentre nelle assemblee pubbliche Giovanardi parla di “partito unico” e Toscano di “ideologia comune e mediata”, il partito aggira l’ostacolo dicendo: “rafforziamo il PC dentro una base più ampia”. Ambiguità occhettiane che si materializzano attraverso tanti piccoli episodi che vanno dalla scomparsa del simbolo e del nome comunista dalle locandine di tutti gli eventi pubblici da noi promossi, fino alla presenza del Segretario Generale in TV pedissequamente esibito come esponente di Italia Sovrana e Popolare e non come Partito Comunista. La bandiera rossa diventa “una coperta di Linus” [evidentemente da lasciare a casa], l’ha definita il Compagno Rizzo al termine di un lungo intervento inviato ai membri del Comitato Centrale. La storia ci dimostra che per noi comunisti i simboli sono fondamentali. È dal progressivo abbandono degli stessi che si sono generate le mutazioni che ancora ci affliggono. La prospettiva di questo Partito appare dunque segnata. Indipendentemente dal fatto che sia un soggetto federativo o un futuro partito unico, ritengo questa prospettiva devastante sul piano politico, ideologico e culturale. Un malforme contenitore che si apre ad un mondo contraddittorio nel quale è facile riscontrare posizioni anticomuniste e malcelate tendenze di estrema destra. Mai avrei pensato di ritrovarmi un giorno in una condizione di questo tipo. Questa mia esternazione rispecchia una platea ampia di militanti che si sentono oggi traditi, imbarazzati, umiliati e soprattutto pentiti per non aver disobbedito al partito prima della nefasta campagna elettorale. L’Ufficio Politico ne è consapevole ma al posto di archiviare un comprovato fallimento, preferisce a tre mesi dal Congresso, aprire sezioni e federazioni che spuntano come funghi e che, non faccio fatica a immaginarlo, saranno tutte propense verso Italia Sovrana e Popolare. Un Congresso dunque, preconfezionato dal retrogusto “monarchico” che porta il partito in un baratro profondissimo.
Non parteciperò a questa fine ingloriosa. Mi batterò invece affinché la “questione comunista” non sia archiviata ma al contrario rilanciata, avviando un processo inevitabilmente lungo ma fondamentale di unità di tutti i comunisti attraverso uno strumento organizzato in grado di resistere nel tempo senza opportunismi né personalizzazioni.
Per tali ragioni, comunico la mia uscita dal partito e rassegno le mie irrevocabili dimissioni da tutti gli organismi dirigenti.
Saluti Comunisti,
Michele GIAMBARBA”.