Nola, il Molise non può rimanere al 1886: va riconnesso al resto del Paese

Scritto da

di Vittorio Nola

Correva l’anno 1886: l’ingegnere tedesco Karl Benz realizzava il primo motore a scoppio, a New York veniva inaugurata la Statua della Libertà e a Venafro, il 19 maggio, veniva aperta all’esercizio la linea ferroviaria che metteva in collegamento la città con la stazione di Caianello. I treni impiegavano un’ora per percorrere la tratta e mettevano in comunicazione l’area del venafrano con la Campania.

A guardarla oggi, quella stessa tratta, non sembrano passati addirittura 137 anni. Abbiamo dimezzato i tempi di percorrenza, certo (anche se, per i masochisti, è prevista ancora l’opzione con cambio che impiega un’ora e mezza per trasportare i malcapitati da Caianello a Venafro), ma in un secolo e mezzo di grandi traguardi tecnologici avremmo effettivamente potuto sperare in qualcosa di meglio.

La regione Molise soffre di deficit logistici importanti, che acuiscono l’isolamento del nostro territorio rispetto al resto d’Italia e lo allontanano dai centri nevralgici del Paese. Il Rapporto Pendolaria 2023 di Legambiente ha delineato ancora una volta un quadro sconfortante: in Molise abbiamo i treni più vecchi d’Italia (con una media di 22,1 anni, più alta della già scoraggiante media di 18,5 del Mezzogiorno) e vantiamo un numero di corse giornaliere tra i più bassi in assoluto (solo 28).
A tutto ciò, vanno sommati i disagi con cui ogni giorno devono fare i conti i pendolari e i viaggiatori che devono raggiungere Roma o Napoli, oltreché le ricadute in termini economici e di attrattività che una situazione del genere inevitabilmente comporta.

I prossimi cinque anni di governo regionale dovranno servire a realizzare, stavolta con criterio, una seria riconnessione del Molise al resto d’Italia.

Ecco perché, ad esempio, andrebbe predisposto il ripristino del binario ferroviario della zona industriale di Pozzilli, che renderebbe più efficiente e funzionale il trasporto delle merci.
Come andrebbero valutate anche il recupero della tratta ferroviaria Campobasso-Benevento, che ci consentirebbe di intercettare l’alta velocità della Napoli-Bari, e le implicazioni di un progetto strategico come quello, sul fronte Adriatico, del raddoppio dei binari della Termoli-Lesina.
Quel che è certo è che una regione che viaggia su treni vecchi, fatiscenti, in ritardo e scollegati dalle principali città del centro-sud, è una regione che non può pensare di puntare sulla crescita economica ed occupazionale.
Come facciamo ad attrarre investimenti se non riusciamo a velocizzare (grazie alla elettrificazione), a modernizzare e a rendere più efficienti i nostri collegamenti?

Se non vogliamo restare ancorati alle conquiste del 1866, conviene darci una mossa!