Negozi al dettaglio, Molise in linea con i dati nazionali: perse in dieci anni centinaia di attività

In Molise nel decennio dal 2012 al 2022 i due capoluoghi di provincia, Campobasso e Isernia hanno perso 175 negozi al dettaglio.
E’ quanto emerge dall’ottava edizione dell’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici realizzata dall’Ufficio studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro studi delle Camere di Commercio ‘Guglielmo Tagliacarne’.
A Campobasso soffre il commercio al dettaglio con un saldo negativo di imprese (-42) tra il 2019 e il 2022, di cui 9 nel centro storico, 33 quelle situate in altre aree cittadine. In crescita le attività come alberghi, bar e ristoranti con un saldo positivo (+18) con 16 nuove imprese nel centro storico e 2 nel resto della città. Nel biennio considerato dall’indagine i dati di Isernia registrano un calo delle attività nel centro storico (-5), con 3 nuove attività nel commercio al dettaglio nella restante parte della città. In controtendenza rispetto al 2019 i numeri relativi ad alberghi, bar e ristoranti (-4), che diminuiscono nel centro storico (-1) e nei quartieri (-3).
I dati del Molise sono in linea con quelli nazionali secondo i quali tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante mentre sono in crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275).
Nello stesso periodo aumenta la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani (rispettivamente -138mila e -148mila).
Cambia anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici “con sempre meno negozi di beni tradizionali” (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e “sempre più servizi e tecnologia” (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).
“La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confina con il rischio di desertificazione commerciale delle nostre città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%)”, sottolinea Confcommercio nella sua analisi, concentrata su 120 città medio-grandi. “
Per evitare gli effetti più gravi” di questo fenomeno, per il “commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta”, sottolinea Confcommercio. “Rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1 miliardi nel 2022”, aggiunge la confederazione. Elemento, questo, che ha contribuito “maggiormente alla desertificazione commerciale” ma che rimane comunque “un’opportunità” per il commercio “fisico” tradizionale, fa notare Confcommercio. Tutte le attività considerate oggi “ammontano a poco meno di 884mila unità” che è la somma di dettaglio in sede fissa, ambulanti e alberghi e pubblici esercizi più le altre attività di commercio al di fuori dai negozi, conclude l’associazione dei commercianti.