Femminicidi, ecco tutti i casi molisani del terzo millennio: l’elenco si allunga con la morte di Romina De Cesare

Scritto da
Pubblicità

Nella giornata di oggi tutti i giornali nazionali e regionali parleranno di femminicidio. E’ quel particolare delitto nel quale un uomo uccide una donna perché si è ribellata al patriarcato. In Molise la situazione non arriva sempre all’epilogo più drastico che è quello della donna che muore. Ma i casi di violenza domestica non accennano a diminuire. Nonostante la grande opera di sensibilizzazione messa in atto un po’ ovunque con convegni di sensibilizzazione che ormai interessano l’intero territorio molisano.

Quest’anno l’elenco delle vittime molisane dal 2002 ad oggi purtroppo si allunga. Dopo molti anni in cui nessun uomo uccideva la compagna o la ex compagna ecco che purtroppo dobbiamo aggiungere il nome di Romina De Cesare. La ragazza è stata uccisa il 2 maggio nel suo appartamento di Frosinone con 14 coltellate di cui fatale è stata quella al cuore. Pure se il caso è avvenuto in territorio laziale è giusto ricordarlo perchè lei era di Cerro a Volturno. Come il suo assassino reo confesso Pietro Ialongo. Il caso a livello giudiziario è ancora aperto. Il medico legale, nell’autopsia svolta a settembre, ha sottolineato che l’agonia di Romina, dall’aggressione alla morte è stata lunga.

Ora ci sono due centri antiviolenza che cercano con il loro lavoro di evitare che le violenze possano trasformarsi in femminicidio. Liberaluna Onlus che opera nel recupero delle donne a 360 gradi. E Befree che ha tre sedi: Campobasso, Isernia e Termoli. Nel capoluogo di regione c’è anche una casa rifugio per i casi più urgenti.

Ma ripercorriamo la storia di tutti i femminicidi in Molise avvenuti negli ultimi 20 anni. Un elenco lungo e doloroso con casi che ebbero anche molta risonanza a livello nazionale.

Era  l’otto marzo del 2002 quando Pasqualino Cianci, insegnante d’inglese, soffocò e uccise  a Montenero di Bisaccia sua moglie Giuliana D’Ascenzo. Successivamente si ferì con l’ascia alla testa per simulare una aggressione ad entrambi. Le indagini furono lunghe e macchinose. L’avvocato della famiglia della vittima era l’ex pm di mani pulite Antonio Di Pietro, il quale in un primo momento rappresentò l’imputato. Questo caso gli costò una denuncia per patrocinio infedele e la sospensione dall’ordine degli avvocati. Il caso ebbe fine il 16 ottobre 2010 quando la Corte di Cassazione lo condannò a 25 anni di reclusione.  Aveva fatto affari sbagliati, così emerse nel corso del processo, e per questo non sapeva come giustificare il suo cumulo di bugie raccontate in famiglia. 

Siamo al 10 settembre 2002 ma lo scenario si sposta a Campobasso. Michele Sepede, che poi si scoprì colpevole anche del delitto di suo padre Emilio avvenuto a Busso nel 2000, uccise a colpi di taglierino sua suocera Franca Martino.  Le indagini della Squadra Mobile portarono quasi subito a lui. Anche qui ci fu un processo lungo e macchinoso che portò però nel 2007 alla condanna dell’uomo all’ergastolo. Grazie alla tenacia della magistrata di accusa Rossana Venditti, Sepede non uscì mai dal carcere e l’omicidio di suo padre fu scoperto grazie alla riesumazione del cadavere. Movente? Condizioni economiche sfavorevoli di cui il femminicida non voleva far sapere nulla alla moglie. Che fino al processo d’appello lo sostenne per poi abbandonarlo al suo destino. 

Caso controverso anche il femminicidio che avvenne nel il 16 febbraio 2003 a Santa Maria del Molise (Isernia) . Gennaro Renzullo 71 anni,  uccise a colpi di mattone sua moglie Palmira Franzè di 63 anni. Per tutta la durata del procedimento la difesa sostenne che la vittima si era cercata quanto le era successo. E le condanne che ne arrivarono furono alquanto ridicole. In primo grado infatti il Tribunale di Isernia lo condannò a 14 anni di reclusione che divennero 8 anni e 6 mesi in appello nell’aprile 2008. Ma l’uomo era già tornato libero per la sua età avanzata e per le precarie condizioni di salute. 

Torniamo a Campobasso all’undici maggio  2004. In via Papa Giovanni XXIII Pierluigi Mazzone 65enne , professore di matematica in pensione, uccide sua moglie Nanda Bruno.  Non contento gettò anche il suo cagnolino dalla finestra. La condanna per lui fu di soli 14 anni ma tornò presto in libertà a causa delle sue pessime condizioni di salute alle quali la difesa fece appello durante il processo. Da quando la moglie si era ammalata lui risultava essere in cura per la depressione. 

Siamo sempre nel 2004 e sempre a Campobasso. Questa volta lo scenario del femminicidio è un appartamento di via Montegrappa e la data è il 30 ottobre . Cesare Lancia di 46 anni uccide sua moglie Rosa Angiulli. Il movente che allora fornirono le forze dell’ordine fu questo: lui non accettava l’ipotesi di potersi separare dalla donna e per questo l’ha uccisa. Una classica motivazione che leggeremo molto spesso nelle cronache di tanti femminicidi made in Italy. Dopo essere stato ricoverato in ospedale a causa delle ferite riportate finì in carcere nel 2007 dopo la condanna a 16 anni di reclusione. 

Il duplice femminicidio più famoso nella storia del Molise resta quello denominato “il massacro di Ferrazzano”Angelo Izzo con la complicità di Luca Palaia uccise, il 28 aprile 2005 nella villetta di Ferrazzano di proprietà di Guido Palladino, Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano rispettivamente moglie e figlia del pentito della Sacra Corona Unita Giovanni Maiorano. Il movente simile a quello del Circeo: Izzo voleva in questo modo dimostrare la sua onnipotenza nei confronti del genere femminile. Dopo 11 anni ci sentiamo di includere questo delitto nei femminicidi perché negli atti del processo emerse che definiva le sue vittime: puttana e puttanina. Ammazzarle era per lui ristabilire il dominio del genere maschile. Per questo delitto Izzo ha ottenuto il suo secondo ergastolo. Luca Palaia è invece stato condannato a 30 anni di reclusione. Entrambi hanno beneficiato dell’indulto che prevedeva lo sconto di 3 anni di reclusione. 

L’undici maggio dello stesso anno a Campobasso, in un appartamento di Corso Vittorio Emanuele, fu soffocata dal suo compagno la 34enne romena Daniela Gricu. L’81enne aveva conosciuto la donna in un locale notturno della zona e con lei aveva intrecciato una relazione. Fu condannato a dieci anni di reclusione ma fu trasferito in un centro di cura di Vasto perchè le sue condizioni non erano compatibili con il carcere dato l’avanzare dell’età. Movente? Non voleva accettare che la donna uscisse anche con altri uomini. 

Era il 7 marzo 2008 quando a Isernia si verifica un altro caso di femminicidio. Ad essere uccisa è stata la brasiliana Marinalva Costa Silva. Femminicidio perché a essere condannato è uno dei suoi clienti visto che era una prostituta. Si tratta di Ignazio Fortini 21enne di Letino (Ce). Che la ha uccisa perché, non soddisfatto della prestazione ricevuta, non voleva pagare. La donna si sarebbe ribellata e da qui è nato un alterco che ha portato il giovane ad accoltellarla dopo una colluttazione. Fu incastrato perché dopo aver ucciso rubò il cellulare della sua vittima e lo regalò alla fidanzata del momento. L’assassino è stato condannato a 18 anni di reclusione ed è tuttora in carcere. 

Il 16 ottobre 2008 si torna a Campobasso. Antonio Scalabrino nel suo appartamento di via Veneto, uccide a colpi di fucile sua moglie Maria De Benedictis di 53 anni.  Un femminicidio nato da dissapori che erano ben noti all’interno della coppia. Avevano adottato due figli, di cui il maggiore, morto 3 anni fa, era gravemente disabile. La donna voleva separarsi e per questo motivo è stata uccisa. I tre processi si sono svolti tra il 2008 e il 2011. In primo grado la condanna fu a 20 anni di reclusione. Pena poi ridotta in appello a 18 anni e poi confermata dalla Cassazione.

Altre due vittime di femminicidio nella piccola comunità di San Biase (Campobasso) dove il 14 novembre 2010 vengono scoperti tre cadaveri in una casa di campagna. Il 51enne Giuseppe Giagnacovo uccide la madre Adelina Ciavatta e la cugina con un colpo di fucile e poi si suicida. I motivi ricostruiti dalle forze dell’ordine furono ricondotti alla depressione di un uomo che non lavorava e passava il suo tempo ad occuparsi della mamma. 

Nell’agosto 2012 muore invece in ospedale a Larino Maria Antonietta Ciccotti di 57 anni. Il fatto di sangue avviene dopo mesi in cui la donna è rimasta agonizzante in seguito ai colpi di bastone ricevuti dal figlio Carmine Galante nel giorno della vigilia di pasqua del 7 aprile 2012 Guglionesi .  L’uomo è stato condannato a 13 anni di reclusione in primo grado dal Tribunale di Campobasso. E’ stato presentato ricorso in appello ma nel frattempo l’uomo è stato trasferito agli arresti domiciliari nella sua casa paterna. 

Il 13 luglio 2012 invece un femminicidio suicidio sveglia gli abitanti di Campomarino Lido. Il termolese Gennaro De Gregorio di 54 anni ha prima ucciso la sua convivente romena Mirela Mariana Mengoci di 37 anni  e poi ha fatto fuoco contro se stesso.  Il movente era legato alla situazione sentimentale di lui che aveva appena lasciato la sua prima famiglia e ai problemi economici che tutto questo aveva provocato. 

E siamo all’ultimo caso verificatosi nel 2013. Il 31 gennaio furono trovati cadaveri i coniugi Giuseppe Del Riccio e Franca Iaciofano . I due corpi furono trovati nella bosco di Valle Soda a Isernia. Dopo aver accertato l’omicidio suicidio il caso è stato archiviato così dagli investigatori. ù

Non possiamo però non ricordare, in questa occasione, il caso del femminicidio di Stefania Cancelliere, la donna isernina uccisa dal marito Roberto Colombo nell’atrio della loro casa di Legnano il 28 agosto 2012.  Motivo sempre lo stesso: l’uomo non accettava la fine della loro relazione. Colombo è stato condannato dalla Corte di Cassazione a 17 anni di reclusione. Ma il caso rimbalzò nelle cronache nazionali perchè dopo la condanna in secondo grado il femminicida non era dietro alle sbarre a scontare la sua pena. Fu portata avanti anche una petizione di firme su Change.org per chiedere ai giudici di rivedere il provvedimento.